Il futuro dell’agricoltura passa anche dalla tecnologia. Secondo un rapporto di Fortune Business Insights citato dal Sole 24 Ore, il settore delle vertical farm, valutato a 3,74 miliardi di dollari nel 2021, crescerà con un tasso annuale del 25,9% fino al 2029. Non si tratta però di un’innovazione confinata all’estero: anche in Italia sono sempre più diffusi progetti che prevedono la coltivazione delle piante fuori dal terreno, in ambiente protetto, con un controllo delle condizioni di crescita tramite l’applicazione all’agricoltura di innovazioni tratte dal mondo dell’informatica e dell’ingegneria. Mario Sforzini di Zero, azienda di Pordenone che si occupa di sviluppare e produrre in Italia e all’estero vertical farm basate sul sistema aeroponico, spiega che i progetti nel nostro Paese sono ancora relativamente pochi e sono nati dal desiderio di mettere le innovazioni degli ultimi anni al servizio dell’agricoltura. “Prima di metterci sul mercato – sottolinea –, abbiamo dedicato molto tempo alla fase di ricerca e sperimentazione, questo ci ha consentito di ottenere sistemi in linea con gli obiettivi che si sono imposte le Nazioni Unite con l’agenda 2030”.
Le coltivazioni fuori suolo sono contraddistinte da numerosi benefici. Godono per esempio di una maggiore indipendenza dal clima e dalla stagionalità, perché la produzione si protrae per tutto l’anno, con rese non influenzate dagli eventi atmosferici. È la tecnologia che gestisce l’impianto e permette di evitare gli sprechi. Inoltre, il fatto che le coltivazioni si trovino in ambiente chiuso e controllato limita la contaminazione da inquinanti, funghi e parassiti, rendendo superfluo l’utilizzo di pesticidi e fitofarmaci e quindi anche il lavaggio prima della commercializzazione. Pierluigi Giuliani, di Agricola Moderna, una vertical farm che produce insalate e piante aromatiche con sede a Melzo, in provincia di Milano, sottolinea il continuo aumento di attenzione all’ambiente da parte dei consumatori e degli investitori. “È proprio questo – chiarisce – l’obiettivo a cui il vertical farming si ispira, visto che si tratta di un sistema agricolo che consente di minimizzare il consumo di acqua e di suolo grazie a rese superiori e allo sviluppo in verticale. All’interno delle vertical farm, poi, vengono gestiti quasi tutti gli aspetti della filiera, dal posizionamento del seme nel substrato al confezionamento, e questo riduce i tempi di arrivo al supermercato, aumentando la freschezza del prodotto finale”. Anche Luigi Galimberti, fondatore di Sfera Agricola, una serra basata su tecnologia idroponica con sede a Gavorrano, in provincia di Grosseto, sottolinea i benefici a livello ambientale. “Nel 2050 ci saranno 10 miliardi di persone da sfamare – dice Galimberti – e avremo bisogno del doppio dell’acqua e del terreno per produrre cibo per tutti. Con il nostro progetto riusciamo a produrre fino a 15 volte di più rispetto al campo aperto, consumando in proporzione solo il 10% delle risorse come acqua e suolo e nutrienti”. Si tratta di risultati che non si sarebbero potuti ottenere senza la contaminazione tra saperi. “Mettiamo insieme agronomia, ingegneria, biologia – ricorda Giuliani – ma anche un gran lavoro sui dati, portato avanti tramite intelligenza artificiale e deep learning. Produciamo gli ortaggi ma sviluppiamo anche i software e le attività di controllo qualità e di marketing sono interne: è una filiera che beneficia delle competenze di diversi ambiti”.
Queste imprese si prefiggono inoltre di avvicinare la produzione ai luoghi di vendita per diminuire l’impatto dei trasporti. Agricola Moderna, per esempio, lavora su una distribuzione che non superi la distanza di 100/150 chilometri, intento reso possibile dalla posizione strategica degli stabilimenti in luoghi densamente popolati: quello già presente, alle porte di Milano e il prossimo, che nascerà sempre in Lombardia. Anche Zero sta lavorando a delle partnership finalizzate a portare i sistemi che propone direttamente all’interno degli stabilimenti in cui le materie prime vengono trasformate. “Pensiamo – spiega Sforzini – a quei vegetali che si raccolgono solo due o tre volte l’anno e fanno sì che tutto il resto del tempo si debba lavorare con i surgelati: produrre in vertical farm direttamente nel luogo di lavorazione significa usare tutto l’anno la materia prima fresca, oltre a eliminare lunghi trasporti”.